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L'oro del mondo

creato da Giovanni Sonego ultima modifica 12/08/2008 14:41

Negli ultimi 150 anni milioni di italiani sono emigrati in tutto il mondo per migliorare la propria vita o per cercare fortuna. Persone che hanno arricchito queste nazioni con la nostra cultura e il nostro stile di vita. Che non sia anche questa l'Italia che merita di essere scoperta e conosciuta? Che non sia proprio questo l'oro del mondo?


Nel giugno del 1997 Silvia era da poco entrata nel quinto mese di gravidanza. "Il bambino nascerà in settembre" mi aveva detto, "se vogliamo fare qualche giorno di vacanza, meglio farlo subito. La scuola è appena finita, così le bambine possono venire con noi. E poi non fa ancora troppo caldo. Più avanti ho paura di stancarmi troppo." E cosi' un salto dalla ginecologa per verificare che Silvia potesse affrontare il viaggio e poi di corsa a preparare i bagagli. "Una settimanina a Parigi è quello che ci vuole".

Ah, Parigi, splendida metropoli! Esplorarla insieme alle bambine, che non c’erano mai state, ci permetteva di riscoprirla come fosse la prima volta. Le bancarelle sulla Senna, la Villette e i suoi giochi, la tour Eiffel, i pittori di Montmartre, il Beaubourg... La settimana di vacanza scorreva fluente e frenetica, come ogni vacanza che si rispetti. Ma al Louvre, davanti all’incoronazione di Napoleone di David, Silvia ci dice: "Aspettate qui. Vado un attimo in bagno". Noi aspettavamo ma Silvia non tornava proprio. Quando eccola arrivare in lacrime, stravolta: "Sta nascendo, sta nascendo". "Come sta nascendo, siamo alla 20esima settimana! Non è possibile, è troppo presto".

Dall’infermeria del Louvre e sull'ambulanza verso l’ospedale, Silvia stesa e piangente, il lenzuolo sporco di sangue e le bambine a far domande: "Papà è vero che il fratellino è morto?". La visita, la diagnosi. "Siamo riusciti a bloccare il parto, ma la situazione è pericolosa. Sua moglie dovrà rimanere qui, ferma a letto fino alla nascita del bambino. Fino alla fine di settembre".

Dovevo rientrare in Italia, riportare le bambine a casa, fare i certificati necessari per l’ospedalizzazione prolungata in Francia ecc. ecc. E Silvia doveva rimanere sola a Parigi fino al mio ritorno. Senza sapere il francese, senza potersi muovere dal letto, senza il conforto di nessuno. Non è bello.

Mentre rientravo in Italia mi è venuto in mente di chiedere consiglio all’Associazione Bellunesi Nel Mondo. Non sono un emigrante, ma sono un bellunese anch’io, chissà se possono darmi una mano. Un rapido salto sul loro sito, una telefonata per spiegare la situazione ed ecco la risposta: "Ma certo, il presidente dei Bellunesi e Veneti a Parigi, la signora Giacomina Savi vi potrà aiutare. Fa parte dei nostri compiti seguire gli italiani che si trovano in difficoltà all’estero, sebbene solo per una vacanza. Chi è stato emigrante capisce meglio degli altri cosa vuol dire trovarsi soli, in un paese straniero, senza parlare la lingua. La chiami, vedrà che sarà felice di aiutarla.".

Un lato, inaspettato, della presenza italiana all’estero; una catena di solidarietà e di ospitalità che si estende in tutto il mondo. Un filo tenace che collega gli italiani alla terra d’origine. Mantenere viva la propria italianità non vuol dire soltanto celebrazioni e nostalgia, ma dare un attivo contributo culturale e sociale nel paese ospite e in quello d’origine.

Mentre ero in Italia la signora Savi è andata a trovare Silvia. L’ha confortata, le ha fatto compagnia sino all'avvenuta nascita di Francesco, aiutandola con la lingua e quant'altro. Silvia, immobilizzata in un letto d’ospedale, non ha mai mangiato una torta più dolce della crostata alle pesche della signora Savi.

Grazie Giacomina!

Una dichiarazione di Giacomina Savi Tramontin, Presidente dei Bellunesi e Veneti a Parigi.

"Oggi in Italia mancano tre elementi essenziali per costruire una nuova convivenza: tradizione dell’accoglienza, educazione alla diversità, leggi adeguate che permettano l’inserimento. In Francia, ad esempio, i flussi migratori sono regolati sul ritmo del pensionamento e del rientro definitivo. Non bisogna voler assimilare o integrare nessuno per forza: il processo deve avvenire solo se si riesce a far mettere a frutto la diversità degli individui come ricchezza dell’intera comunità."

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